Trama
Insegnante, inventore (di una pitching machine per lanciare palle da baseball), ispettore per brevetti chimici (si era laureato a Oxford nel 1877), Charles Howard Hinton (1853-1907) può essere considerato uno dei grandi nomi legati alla narrazione scientifica, e in senso più ampio, fantascientifica. Pensatore più che scrittore, speculatore più che letterato, questa strana ed eccentrica figura di docente di matematica, condannato per bigamia (aveva sposato due donne contemporaneamente e si fece anche un giorno di prigione) ha legato la sua fama ai numerosi neologismi di sua creazione e al saggio Che cos'è la quarta dimensione? Proprio la sua predisposizione alla sistematizzazione teorica lo portò alla creazione di un sistema di cubi colorati (un po' alla rubik) attraverso i quali era possibile comprendere e visualizzare lo spazio quadrimensionale. Sempre in bilico fra ragione e metafora, la scrittura di Hinton, specie ne Il re di Persia, rimane sospesa fra favola e racconto edificante, non di rado sconfinando nei territori dell'indefinito e dell'eterno. In questa suggestiva metafora della vita, Hinton rifugge da ogni descrizione spazio-temporale tradizionale per offrirci un palcoscenico narrativo senza tempo e senza spazio, con voluti salti temporali e veri e propri panorami della mente, a metà fra allucinazione e divertito favolismo. Quello che resta è un mondo pietrificato di figure fisicamente bidimensionali ma umanamente non circoscrivibili, sospeso fra magia e religione, fra pensiero magico e rassegnazione per un destino crudele e ineguale diviso fra piacere e dolore. Amato non a caso da Borges, Hinton è senza dubbio una scrittore atipico e particolare, uno dei pochi capaci di condensare le ruvidezze labirintiche della conoscenza scientifica (che era la sua vita) in una visione letteraria del mondo semplice, a tratti volutamente ingenua ma non per questo meno significativa, profonda e stimolante.