Trama
Sono nato sensibile ma è la prima volta che sento che ciò sia un vanto, un dono. Proprio scrivendo queste righe, mi rendo conto di quanto erroneo sia sempre stato il mio convincimento che sentirsi sensibile è una cosa da nascondere, come la confessione di un delitto verso la società.
Da sempre ho sentito ogni particolare, ogni parola, ogni istante come troppo importanti per dedicargli quell’atteggiamento superficiale che le masse, la gente, dedica ai rapporti umani e alle cose.
La ricerca dell’utile, il fine utilitaristico dell’uomo moderno sembra spesso l’unico motivo per cui noi dovremmo osservare il mondo, farci un’opinione, provare emozioni e desideri.
Nel nostro tempo questo è addirittura codificato nei mass-media, in TV al cinema. Fare per avere, produrre, sono must have di qualsiasi conversazione, di qualsiasi parola pensata o espressa.
Il comandamento per cui bisogna sempre un poco fingere che dell’altro in realtà non ci freghi nulla, che gli altri sono importanti solo perché ci servono, ci sono utili, io l’ho sempre istintivamente sentito come una forzatura del mio animo.
Il processo di meraviglia nello scoprire il mondo in me si è sempre nutrito, in questi 42 anni, di tanti cambi di residenza e città: nato nella città di Salerno, in Campania, città dallo splendido lungomare, mi sono sempre trasferito in varie località, e in questo mai radicando il mio animo in un quartiere, in una casa, sulla terraferma del cuore. Come un navigatore, sono spesso rimasto solo con me stesso e con la mia famiglia.
Figlio unico, coccolato ed adorato da mia madre, con mio padre per lavoro spesso fuori e lontano, avevo tutte le condizioni sociodemografiche e psichiche per elaborare un’architettura interiore estremamente sensibile, quasi una finezza di pensiero assolutamente fragile ed insieme affilata, tagliente ma pronta a percepire ogni minima variazione, ogni minimo dettaglio di temperatura, pressione, movimento nei cuori altri.
La città in cui ho avuto residenza più a lungo è stata la città di Roma, delizia del turista e croce del cittadino romano alle prese con tanti problemi di una città indomita millenaria.
Qui a Roma, dove adesso scrivo ed elaboro pensieri, l’assenza di sensibilità della vita quotidiana si fa sentire più forte, più intensa, ne respiri l’odore, lo senti al gusto, è come un muro contro il quale si abbattono i tuoi pensieri: questa città respinge, per sua natura abituata gli imperi e alla grandezza mista a miseria spirituale, ogni tentativo di regolare i rapporti umani con la dolcezza, con la moderata saggezza, spingendomi spesso a desideri rabbiosi e collerici di andare via dall’Italia, come se fuori di qui ci potesse essere un essere umano perfetto, che è sempre e solo sognato, immaginato, anche quando si è nel posto più congeniale a sé del mondo.