Mozart - La Vita - Le Opere: Con 15 Tavole Fuori Testo

  • Autore: A. Albertini
  • Editore: David De Angelis
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Trama

Tanto fu detto e scritto su Wolfango Amedeo Mozart che occorreva una scelta rigorosa, un esame attento e severo  di ciò che può essere più attendibile e caratteristico per non cadere in particolari inutili, incerti e risaputi. Vedere, per quanto è possibile, il vero volto di questo genio — spesso inconcepibile — attraverso lettere, storia del tempo e dichiarazioni di contemporanei, volle un lavoro accurato, pieno d'esitazione, spesso trepido. I suoi stessi contemporanei non lo compresero per intero.

Soprattutto dolorosa fu l'insufficiente stima di cui fu circondato sebbene egli avesse, in ogni momento della vita, consigli e parole per tutti. Nell'immediata vicinanza fu troppo grande, forse, il distacco fra il suo mondo esteriore e l'interiore, tra la vita intorno a lui e l'intimità sua artisticamente immensa.

Qualcuno disse: Davide e Golia.

Potremmo dire la sua una personalità più difficile assai di quella di Beethoven, che, blocco d'un unico contenuto, lasciò — sebbene laconico all'eccesso, — frasi che poterono essere di guida a chi lo studiò con amore. Mozart ha mille lati troppo spesso in contrasto con la vita quotidiana; vita molteplice, terrestre e celeste; alte idealità e aspirazioni complesse con concezioni di pensiero e di fede fra il bisogno d'infinita tenerezza e necessità inarticolate più per eccessiva sensibilità, forse, che per esuberante temperamento. Contrasti ancora fra l'ambiente dove fu costretto a vivere e a cui dovette obbedire con la pieghevolezza, l'arrendevolezza mite e compiacente di un'infantile confidenza e un confidente abbandono. Incoscientemente. Ingenuamente. Nell'età matura avrebbe acquistato forza ed energia per una più decisiva lotta e indipendenza; ma la morte lo colse sul limitare della virilità. Beethoven nella forza dei suoi trent’anni entrò a Vienna e s'impose alla società, alla moda, al tempo. Mozart chinò il capo, e scese nel sepolcro.

Vi scendeva col cuore rassegnato e aperto — sebbene dolorante — alla fiducia in Dio, alla fede d'una vita Al di là di cui già pensava giovinetto quando veniva per la prima volta in Italia.

Ora, dopo la morte la gloria. E anche l'amore, che fu la prima cosa, — forse l'unica — ch'egli chiese al mondo.

Nella musica, attraverso il sordo istinto d'inquietudine e di fervore umano; egli creò col controllo della ragione anche là dove le produzioni si possono chiamare aristocratiche o galanti; ed anche in quelle eminentemente drammatiche. Non per controllo a freddo della ragione, ma per l'innato bisogno di temperanza e verecondia, di misura e straordinario senso estetico, ispirazione d'una bellezza e d'una armonia che furono il sostegno primo d'ogni sua creazione, sdegnando egli tutto ciò che poteva essere passionalità disordinata e violenta.

Per quanto questa figura ci sembri popolare per gli innumerevoli aneddoti e racconti e particolari detti a sazietà con maggiore o minore riserva e rispetto del vero, essa ci sfugge per il mistero che avvolse il suo de stino. Anche nelle sue creazioni, dove si mantenne sempre sul punto di una sobrietà e riservatezza naturali, non si rivela per intero.

Dedicare ora uno studio più attento, più vasto e desiderabilmente completo alle sue opere e alla sua personalità, uno studio soprattutto più amoroso per questa figura che aprì l'anima all'affetto come all'unico bisogno dell'esistenza, sarà il mezzo per avvicinarsi ad essa e comprendere, fin dove lo potranno le nostre forze, la sua immensa musicalità, la estensione e la profondità del suo mondo drammatico.

Allora alla sua musica, divenutaci familiare per consuetudine e orecchio intento che abbia radice nel cuore, ci sentiremo trasportare in un'atmosfera d'eterna giovinezza e d'eterno sorriso, anche attraverso il pianto più accorato. Beethoven ci trascina spesso nel turbine della sua possente passione. Mozart, tra la profondità delle tempeste umane ci sorride, ci prende per mano e ci fa risalire dov'è chiarità di cielo e giovinezza senza tramonto.